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Il Greenwashing: il lato oscuro del marketing dietro le affermazioni di sostenibilità.

Come le aziende utilizzano ingannevolmente l'etichetta verde per mascherare pratiche non sostenibili

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Nell’attuale panorama aziendale, sempre più marchi si presentano come sostenibili e amici dell’ambiente, ma dietro a queste affermazioni potrebbe nascondersi una pratica chiamata greenwashing. In questo articolo, esploreremo cos’è il greenwashing, come identificarlo e perché è così diffuso, con un focus sull’importanza di un approccio autentico alla sostenibilità. Vedremo alcuni esempi per capire meglio cosa significa “greenwashing”.

Cosa significa Greenwashing?

Il greenwashing è quando un’azienda usa in modo ingannevole termini e strategie di marketing per far sembrare che si preoccupi dell’ambiente più di quanto realmente faccia. Il termine deriva da “verde” e “lavaggio“, indicando un’azienda che cerca di creare un’immagine ecologica di sé, nonostante possa avere impatti ambientali negativi.

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Questa pratica non è nuova, ma è diventata più comune con l’aumento dell’attenzione dei consumatori verso le questioni ambientali.

Una strategia di marketing controversa per comunicare la sostenibilità

Nel corso degli anni, l’evoluzione del greenwashing ha seguito una traiettoria interessante. Già negli anni ’60, alcune aziende cominciarono a dipingersi con colori più “verdi”, anche se in modo piuttosto timido e spesso solo per motivi di immagine.

È a partire dagli anni ’90 che questa pratica ha conosciuto un’accelerazione significativa. Questo aumento del greenwashing è stato alimentato dalla crescente attenzione dei consumatori alle questioni ambientali e al modo in cui le loro decisioni di acquisto possono influenzare l’ambiente.

Con l’avvento del mondo digitale, il greenwashing si è diffuso maggiormente, le aziende cercano di attrarre i consumatori con promesse di sostenibilità che spesso non sono supportate dai fatti.

Ti sarà capitato di vedere sponsorizzazioni su Instagram dove il marchio si vanta di essere sostenibile, ma come puoi essere sicuro che sia vero? Non è sempre facile, ma ci sono dei segnali che possono far sospettare il greenwashing.
Ti lasciamo un esempio di pubblicità che promuove la sostenibilità aziendale della Coop

Ora vediamo come riconoscere se si tratta di una pratica di greenwashing.

Come riconoscere il Greenwashing? 

Riconoscere il greenwashing può essere complicato, ma ci sono alcuni segnali da tenere d’occhio.

Ad esempio, se un’azienda si vanta della sostenibilità di un singolo prodotto senza fornire informazioni dettagliate sulla produzione complessiva, potrebbe essere greenwashing. Inoltre, se le informazioni fornite sono vaghe e generiche, senza specificare benefici ambientali concreti, potrebbe essere un altro segnale di greenwashing.

Tuttavia, esistono delle certificazioni ambientali riconosciute da enti terzi che aiutano le aziende a dimostrare il loro impegno verso la sostenibilità e a essere trasparenti con i consumatori. Queste certificazioni forniscono anche agli acquirenti la sicurezza che il prodotto considerato sostenibile non sia soggetto a greenwashing.

Non conosci quali siano queste certificazioni? Nessun problema, ti invitiamo a leggere il nostro articolo dedicato alle certificazioni ambientali.

Le 6 pratiche che ingannano i consumatori

Ad essere consapevoli del greenwashing non sono solo i consumatori, ma anche gli investitori per quello che riguarda la finanza, come evidenzia il report “Greenwashing Hydra“, pubblicato da Planet Tracker.

Questo rapporto individua sei modi in cui le aziende affrontano la sostenibilità, che vanno dall’uso impreciso del marketing a pratiche che cercano di nascondere i danni ambientali delle politiche aziendali:

  • Greencrowding: Immagina che ci siano molte aziende in un grande gruppo. Questo rende difficile per le persone capire quali aziende stanno facendo davvero del male all’ambiente, perché sembrano nascoste tra le altre. È come cercare un ago in un pagliaio!
  • Greenlighting: Questo è quando le aziende cercano di farti pensare che sono molto ecologiche, ma spesso esagerano o mettono in risalto solo le cose buone per distrarti da ciò che fanno di sbagliato per l’ambiente.
  • Greenshifting: Le aziende cercano di far credere che il problema dell’ambiente non sia colpa loro, ma dei consumatori o di altre aziende nella catena di produzione. È come se cercassero di dare la colpa a qualcun altro per le loro azioni dannose.
  • Greenlabelling: Questo succede quando i dipartimenti di marketing delle aziende ti dicono che un prodotto è sostenibile, ma non ti mostrano prove reali o trasparenti per dimostrarlo. È come se ti dicessero che un frutto è dolce senza dartelo da assaggiare.
  • Greenrinsing: Qui le aziende dicono di voler fare cose buone per l’ambiente, ma cambiano spesso i loro obiettivi senza mai davvero raggiungerli. È come se cercassero di farti credere che si stiano impegnando, ma in realtà non lo fanno davvero.
  • Greenhushing: Questo succede quando le aziende cercano di tenere nascoste le informazioni importanti sulla loro sostenibilità. Evitano di condividere i dati o le prestazioni che mostrano quanto stanno effettivamente facendo per proteggere l’ambiente.

Fashion e Greenwashing: un trend in crescita

Nel mondo della moda, c’è spesso confusione riguardo a ciò che è veramente sostenibile. Molte aziende si presentano come eco-friendly, ma non sempre è così.

Un nuovo rapporto di Greenpeace ha messo in luce che fino al 39% delle dichiarazioni di sostenibilità nel settore tessile, dell’abbigliamento e delle calzature potrebbero essere false o ingannevoli, evidenziando l’evasione di questa pratica.

Il greenwashing nel settore della moda si manifesta quando i marchi promettono una moda riciclata e riciclabile, ma continuano a basare la maggior parte dei loro capi su poliestere derivato dai combustibili fossili. Nonostante le affermazioni sulla circolarità, la realtà è che meno dell’1% dei vestiti viene effettivamente riciclato in nuovi abiti, mentre i volumi di produzione crescono in modo esponenziale. 

Un tempo, l’attenzione dei marchi di moda e delle autorità di regolamentazione europee era principalmente rivolta alla sicurezza dei prodotti, con il controllo delle sostanze chimiche pericolose tramite le Liste di Sostanze Limitate (RSL). Ma dietro le quinte, si presentavo spesso problemi come il lavoro minorile e l’inquinamento. Quindi, ora si parla di sostenibilità non solo ambientale e di prodotto ma anche sociale e di verifica sulle condizioni di lavoro dei dipendenti di un brand.

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Foto di Harper Sunday su Unsplash

Un’analisi delle etichette di marketing auto valutate dei prodotti venduti online e nei negozi ha rivelato che, sebbene vi sia stato un miglioramento nell’inclusione di questioni ambientali e sociali, spesso le informazioni fornite sono più confuse che utili e come dice Greenpeace“troppo spesso si tratta semplicemente di greenwashing.”

Secondo Greenpeace, un ricorso così marcato al greenwashing generaconfusione nelle persone, spinte a credere di acquistare prodotti sostenibili ma che in realtà non lo sono”. 

Infatti, “mentre si pubblicizza una sostenibilità inesistente, in realtà sono in costante aumento gli abiti fatti di plastica usa e getta derivante dal petrolio, non riciclabili e per lo più prodotti in condizioni di lavoro inaccettabili”.

2 casi che hanno fatto discutere nel fast fashion

Per affrontare la crisi climatica e salvaguardare il nostro pianeta, è essenziale rivoluzionare il mondo della moda. Attualmente, il fast fashion domina il mercato, proponendo capi a basso costo, spesso realizzati con materiali poco ecologici e destinati ad essere utilizzati solo per poche occasioni prima di finire in discarica.

Questo ciclo dannoso mette a repentaglio l’ambiente e sfrutta i lavoratori.

Due casi di greenwashing nel settore del fast fashion si sono verificati nel 2022, quando l’Autorità olandese per i mercati di consumo (ACM) ha sollevato delle preoccupazioni riguardo alle affermazioni di sostenibilità di alcune aziende, tra cui H&M e Decathlon.

Dopo un’accurata indagine su sei aziende selezionate in base al loro fatturato, l’ACM ha evidenziato il maggior numero di dichiarazioni potenzialmente fuorvianti proprio in queste due realtà.

H&M è stata criticata per la sua linea “Conscious Collection“, poiché non ha fornito spiegazioni chiare sulle pratiche sostenibili alla base di questa iniziativa. Allo stesso modo, Decathlon è stato criticato per l’utilizzo di termini come “Ecodesign” e “Sistema di etichettatura ambientale“, senza specificare adeguatamente i vantaggi ambientali di tali pratiche.

In risposta alle indagini condotte dall’ACM, H&M ha assunto una serie di impegni concreti. Temporaneamente, ha rimosso le etichetteConscious” e “Conscious Choice” dai suoi prodotti, in attesa di garantire piena conformità alle normative vigenti. Inoltre, ha eliminato la menzione dei “materiali più sostenibili” dalle descrizioni dei prodotti.

Decathlon, invece, ha deciso di eliminare le affermazioni di sostenibilità dal suo sito web. Inoltre, si è impegnato ad apportare miglioramenti e a fornire spiegazioni più dettagliate sulle sue dichiarazioni di sostenibilità.

Entrambi i marchi, in risposta, hanno contribuito con donazioni significative, rispettivamente 500.000 euro e 400.000 euro, a iniziative a favore della sostenibilità nel settore della moda, come compensazione per il loro comportamento.

Questi casi dimostrano l’impegno delle aziende nel combattere il greenwashing e promuovere una moda più trasparente e rispettosa dell’ambiente. Sottolineano anche l’importanza della collaborazione tra governi, aziende e consumatori per garantire un futuro sostenibile per l’industria della moda.

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Foto di Markus Spiske su Unsplash

Il Greenwashing nella finanza e i rischi per gli investitori

Prima di addentrarci nel fenomeno del greenwashing nel campo finanziario, è opportuno comprendere esattamente cosa si intenda per finanza sostenibile. Se desideri approfondire questo argomento, ti consigliamo di leggere il nostro articolo dedicato.

Ora, concentriamoci sul greenwashing nel contesto finanziario.

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Secondo l’European Securities and Markets Authority (ESMA), il greenwashing si verifica quando vengono presentati profili di sostenibilità senza considerare adeguatamente i rischi e gli impatti reali. Questi profili possono riguardare sia i prodotti finanziari che le aziende che li emettono.

Il greenwashing costituisce una minaccia per gli investitori che vogliono destinare i loro fondi a progetti economici sostenibili. Comunicare profili di sostenibilità in modo impreciso o non verificabile può essere irregolare e rappresentare una pratica scorretta di vendita. Questo problema può manifestarsi in varie fasi della catena di investimento, coinvolgendo aspetti che precedono anche la vendita dei prodotti finanziari.

Per esempio, le informazioni fornite dalle aziende potrebbero dipingere un’immagine distorta dei loro profili ambientali, sociali e di governance (ESG). Inoltre, i dati disponibili potrebbero risultare insufficienti per una valutazione accurata dei rischi e degli impatti di sostenibilità.

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In merito ai rischi, il greenwashing danneggia non solo gli investitori e i consumatori, ma anche le aziende che non adottano una narrativa “sostenibile”. Inoltre, sia le società coinvolte nel greenwashing che gli operatori finanziari che le sostengono sono esposti a rischi reputazionali, legali e finanziari.

Questi rischi includono danni all’immagine aziendale, azioni legali, sanzioni normative, spese legali e perdita di clienti o quote di mercato.

La mancanza di trasparenza da parte delle aziende nella compilazione dei bilanci e dei report di sostenibilità scoraggia gli investitori dall’investire in fondi ESG.

Secondo quanto rivelato dal rapporto Global Investor Survey di PwC, il 94% degli investitori non si fida dei rapporti di sostenibilità redatti dalle aziende e la maggioranza sospetta che possano essere soggetti a greenwashing, contenendo informazioni non veritiere e non supportate da prove concrete dell’impegno reale delle organizzazioni sulle tematiche ESG.

Più di 3 investitori su 4 (76%) desiderano, infatti, poter avere un migliore bilancio dei costi reali sostenuti dalle aziende per rispettare gli impegni di sostenibilità prima di valutare un investimento.

I bilanci di sostenibilità mascherati dietro al greenwashing mettono a serio rischio la fiducia e la reputazione di un’organizzazione e ciò ha dei riflessi diretti nel mondo finanziario e degli investitori

In sintesi, possiamo dire che il greenwashing è un problema diffuso che richiede maggiore consapevolezza da parte dei consumatori e delle aziende stesse.

Il greenwashing non è uno slogan di marketing, ma è una minaccia per l’ambiente e la fiducia dei consumatori. Solo con trasparenza e azioni concrete possiamo combatterlo efficacemente, per un futuro sostenibile per tutti.

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