Gli italiani sono noti amanti della buona cucina, affermandosi a livello internazionale come esperti del settore, con il cibo che svolge un ruolo centrale in questa reputazione. Un esempio lampante di questa passione è la pizza, considerata la regina della cucina italiana. Secondo le statistiche di mercato, ben il 40% degli italiani la adora, eleggendola come il loro piatto preferito.
La pizza non è solo un piacere per il palato, ma può anche contribuire al nostro benessere emotivo, a condizione che ne facciamo un consumo moderato. Oltre alla sua deliziosità e alla sua associazione con momenti conviviali in famiglia e con gli amici, la pizza contiene una combinazione di nutrienti, tra cui carboidrati complessi e vitamine del gruppo B, che influenzano positivamente la produzione di neurotrasmettitori legati al benessere. Questo contribuisce a generare una sensazione diffusa di positività.
Il 17 gennaio di ogni anno, il World Pizza Day celebra questo iconico piatto italiano. Esploriamo insieme il significato di questa giornata e le ragioni per cui è stata scelta proprio questa data.
World pizza day: Come è nata questa giornata e perché si festeggia il 17 Gennaio
Questa ricorrenza, tra le preferite dagli italiani, è nata nel 2017 ed è quindi molto recente: è stata istituita dopo il riconoscimento “L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano“, che è entrato nel patrimonio culturale dell’umanità dell’Unesco. Un evento che ha fatto sì che la pizza meritasse una sua giornata dell’anno per essere celebrata a dovere da tutti, in Italia ma anche all’estero.
La scelta del 17 gennaio per celebrare il World Pizza Day è associata a un evento religioso: la festa di Sant’Antonio Abate, patrono dei pizzaioli. L’usanza affonda le radici nella tradizione napoletana:
Fino al 1925, le famiglie dei pizzaioli napoletani lavoravano solo mezza giornata il 17 gennaio. Nel pomeriggio, tutti si dirigevano fuori porta in un ristorante a Capodimonte per festeggiare insieme, accendendo un falò come simbolo di rinnovamento e promessa di primavera imminente. In queste occasioni, le pizzerie proponevano anche una versione speciale chiamata “pizza Sant’Antuono“, farcita con il meglio della cucina classica napoletana a discrezione del pizzaiolo tra i seguenti prodotti: ragù, fiordilatte, ricotta, polpettine, mozzarella, salsiccia e salame piccante/dolce.
Il world pizza day offre l’occasione di promuovere e salvaguardare la ricetta di questo eccezionale prodotto da forno, che è oggetto di invidia a livello globale. Da Napoli, culla della pizza, fino a Milano, non si assiste a vere e proprie sagre, ma piuttosto a una molteplicità di degustazioni, conferenze e persino letture dedicate al mondo della pizza.
Ma quali sono le origini della pizza?
La storia della pizza affonda le sue radici in tempi antichi. Nel VI secolo a.C., i soldati persiani al servizio di Dario il Grande sorprendevano con la cottura di una focaccina con formaggio e datteri sugli scudi da battaglia. Nell’antica Grecia, i cittadini preparavano un pane piatto chiamato plankuntos, aromatizzato con erbe, cipolla, formaggio e aglio. Un primo riferimento a un cibo simile alla pizza si trova nell’Eneide intorno al 19 a.C., quando Enea e i suoi uomini ricevono un pasto che include torte rotonde, simili al pane pita, condite con verdure cotte.
Da queste antiche origini, la pizza si trasforma definitivamente nel Sud Italia, specialmente a Napoli, dove, alla fine del XIX secolo, acquisisce la sua identità distintiva.
Con la diffusione del pomodoro verso la fine del XVI secolo, la pizza assume le caratteristiche attuali e a Napoli, un pane schiacciato viene ribattezzato “pizza“, una trasformazione linguistica che sottolinea la sua importanza.
La storia della pizza si arricchisce nel tardo Ottocento con la notorietà del pizzaiolo napoletano Raffaele Esposito. Egli divenne celebre per aver introdotto una variante della classica focaccia, condendola con strutto, formaggio e basilico. Un momento cruciale fu la sua creatività in occasione della visita a Napoli di Re Umberto I e della Regina Margherita di Savoia. Per loro, Esposito preparò una pizza con mozzarella, pomodori e basilico fresco, scelta per richiamare e simboleggiare i colori della bandiera italiana, all’epoca ancora uno stato nascente.
La Regina, conquistata dalla prelibatezza della nuova pizza, decise di esprimere il suo entusiasmo inviando una lettera di ringraziamento al pizzaiolo, riconoscendo e apprezzando le sue eccezionali creazioni. In onore di tale gesto, Raffaele Esposito battezzò la sua creazione come “Pizza Margherita“, dedicandola alla Regina. Questa particolare varietà di pizza non solo aprì la strada alle pizze moderne, ma contribuì anche a rendere Napoli la capitale mondiale della pizza.
La rivoluzione di “qualità”: dalle materie prime per la pizza ai processi produttivi
Ad oggi, le persone manifestano la necessità di consumare cibo sano, gustoso e facilmente digeribile. Questa crescente attenzione ha portato a concentrarsi sull’intero processo di preparazione della pizza, dalla selezione delle farine all’adeguata lievitazione e fermentazione, fino alla scelta di ingredienti di alta qualità per la guarnitura.
Inoltre, le persone considerano anche l’impatto ambientale e si orientano verso la massimizzazione delle risorse e la riduzione dell’inquinamento. Da un lato, ci sono proposte alimentari con un focus su opzioni vegetariane e vegane, dall’altro si sviluppa il concetto di sostenibilità, integrando pratiche eco-friendly nella preparazione della pizza.
Da 30 anni si tiene il campionato mondiale della pizza dove ogni anno si danno appuntamento più di 700 maestri pizzaioli e chef per tutti i continenti per confrontarsi e sfidarsi.
L’anno scorso si è tenuta dal 18 al 20 Aprile e si è discusso molto di sostenibilità e pizza sostenibile. È stato introdotto il Premio Sostenibilità “Pizza del Cambiamento”, che inaugura la sua prima edizione, indicando la via per una ristorazione attenta e consapevole.
La vincitrice è stata la diciannovenne Giulia Vicini, con la sua pizza sostenibile “Terra-Terra”: una pizza ancorata al territorio, capace di raccontare cultura e preservare prodotti e tradizioni.
Giulia ha selezionato con particolare attenzione gli ingredienti da utilizzare per la sua pizza: il formaggio a pasta cruda “Bagoss di Bagolino”, un presidio Slow Food prodotto esclusivamente in Valtellina, ottenuto da latte parzialmente scremato con caratteristiche uniche, asparagi e agretti per la componente vegetale, mandorle biologiche tostate, miele di castagno biologico e latte proveniente da allevamento biologico, utilizzato per la fonduta.
Un connubio di materie prime ricercate che conferisce alla Terra-Terra un carattere distintivo e il sapore avvolgente delle tradizioni locali.
Un’altra figura di rilievo in questo contesto incentrato sulla sostenibilità è rappresentata da Gianni Di Lella, vincitore del titolo mondiale nel 2016, che nella sua pizzeria a Maranello ha deciso, non solo di investire in prodotti biologici, ma anche di evitare l’utilizzo di tovaglie per evitare di lavarle e quindi di conseguenza inquinare con detersivi oppure l’utilizzo di contenitori in vetro per conservare i prodotti anziché prediligere l’usa e getta.
Un esempio concreto di una generazione che si mostra attenta e sensibile al contesto circostante, dimostrando che è fattibile adottare pratiche sostenibili e assumersi la responsabilità di essere portavoce per gli altri. Se ti chiedi ancora se la pizza sostenibile sia una realtà, la risposta è SI. È sufficiente credere, essere consapevoli e agire con responsabilità.
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